La maglia, una seconda pelle – Anni bui
Gli anni ’60 e ’70 regalano pochissime gioie ai colori del Padova. Una finale di Coppa Italia, poi la caduta in C e i rovinosi anni di Giussy Farina fanno del biancoscudo una comparsa nel calcio di periferia.
Dopo la retrocessione in B del 1962, il Padova vive una nuova era, fatta di ambizioni importanti e risultati altalenanti. Il nuovo proprietario, Gino Vescovi, costruisce una squadra che punta al ritorno in A, soltanto sfiorato nella stagione 1963/64. Il Padova però centra la finale, poi persa, della Coppa Piano Karl Rappan, e compie un exploit quasi clamoroso in Coppa Italia. Allenati dall’ex Panzer Humberto “Coco” Rosa, i biancoscudati raggiungono la finale al termine della stagione 1966/67, perdendo di misura all’Olimpico contro il Milan.
La maglia del periodo è oramai un elemento inconfondibile del calcio italiano: lo scudo extra-large e piccoli dettagli contribuiscono a renderla unica e senza tempo.
La presidenza Vescovi si chiude nel 1968 tra qualche scricchiolio. Il nuovo Padova del commercialista Giovanni Lovato non saprà però liberarsi dei problemi economici e conoscerà di lì a poco un’umiliante retrocessione in Serie C (1969). Incidente di percorso? Macchè, per il biancoscudo è l’inizio della fine dei sogni di gloria. L’Appiani si svuota, deluso, di fronte a una squadra che viaggia nell’anonimato della Serie C, mentre le “vicine” di casa in Veneto spopolano nelle serie maggiori. La casacca perde per qualche tempo il suo scudo, rimanendo totalmente bianca con pochi dettagli in rosso, in versione “slim” come per la tendenza delle divise da calcio dell’epoca.
Tra cambi di proprietà e una generale apatia in città e provincia, il Padova finisce nelle mani di Giuseppe Farina, proprietario anche del Lanerossi Vicenza nel pieno della sua leggendaria era degli anni ’70. Il Padova, depauperato dei suoi migliori talenti, retrocede brutalmente in C2 (neonata quarta serie nazionale) alla fine del torneo 1978/79. È il punto più basso – in circa 70 anni di storia fino ad allora. Ecco, dunque, l’avvento di Ivo Pilotto da Tombolo. Presidente-tifoso, Pilotto acquisisce il Padova con il chiaro intento di riportarlo immediatamente in categorie più prestigiose.
In linea con i dettami del tempo, il 1979 è anche l’anno in cui il Padova si lega ad un marchio di articoli sportivi per la fornitura del materiale tecnico. L’azienda in questione è Adidas, e disegnerà le maglie biancoscudate per i sei anni successivi.
Il campionato 1979/80 si conclude con l’amarezza di uno spareggio-promozione perso al “Bentegodi” di Verona contro il Trento. Pochi giorni più tardi, però, il Padova batte la Salernitana all’Appiani nella finale di ritorno della Coppa Italia Semiprofessionisti, rimontando la sconfitta dell’andata. È il primo trofeo nazionale per il Club di Via Carducci, che mitiga solo in parte la delusione per la “condanna” ad un altro anno di C2. La coccarda tricolore apparirà sulla maglia biancoscudata della stagione 1980/81. Una piccola gemma.
Nella prossima puntata de “La maglia, una seconda pelle”, spazio alla biancoscudata negli anni ’80 della rinascita, dell’illecito di Taranto e della definitva consacrazione, con la comparsa dei primi sponsor.
Qui i precedenti capitoli del nostro speciale sulla maglia più bella del mondo:
#1. Dalle origini agli anni ’50
#2. Il biancoscudo dei Panzer