Tra una rottura di Zagaglioni e una presa per il Cutolo… Bentornato Mister Mandorlini!
C’era una volta Andrea Mandorlini. Perché i grandi amori non finiscono, fanno dei giri immensi ma poi ritornano: già, sono cambiati presidenti, direttori sportivi, qualche centinaio di giocatori, ma il filo rosso (anzi, biancoscudato) che lega il mister ravennate al nostro Padova non si è mai spezzato.
La sua è una storia di uomo dal carattere forte, deciso, carismatico, schietto e diretto, costellato tuttavia da una serie di sfortunati malintesi e tragicomici fraintendimenti.
Vediamo di analizzarli per smontarli definitivamente e redimere, una volta per tutte, l’immagine del nostro allenatore.
Mascia chi? Lo conoscemmo durante un Padova-Spezia in C1, all’inizio dei ‘2000. Lui allenava i liguri in piena lotta per la B, noi ci barcamenavamo tra le macerie del post-Viganò, con Piero Frosio in panca e Felicione Centofanti sulla mancina. “Mandorlini, con l’ascia come va?” gli cantarono dalla Fattori, facendo riferimento al suo anti-stress preferito, cioè tagliare legna nei boschi. Com’è-come non è qualcuno trasformò quella “L” in “M”… Insomma, diventò “Mascia“. E sfiga volle che ci fosse proprio una Mascia concorrente al Grande Fratello di quell’anno… Dannati giornalisti!
La fatal Novara. No, non facciamo riferimento a quell’orrenda serata di giugno 2011 bensí a un grigio pomeriggio di dicembre, addí 2006. Il Novara ci superò all’Euganeo decretando la fine dell’era Pellegrino. E di quella – grazie al ciel – di Renato Favero come diesse. Uno dei tanti coupedel Presidente Cestaro, che in un baleno chiamò Mauro Meluso alla scrivania e Andrea Mandorlini in panchina. Inizio con la tosse – coff coff – Calà Campana espulso in un batter d’occhio a Grosseto, il Padova in mutande e Mandorlini non certo… in fiore. Poi la remuntada, i derby vinti con Venezia e Cittadella, Lucca sbancata, La Grotteria ritrovato, i playoff alla portata. “Saremo una squadra esplosiva” aveva garantito, e qui scattò l’incomprensione con i giornali che cominciarono a pompare il Padova come già promossa sicura in B, serie A, Champions… Aveva detto squadra esplosiva: infatti scoppió prima del termine del campionato!!! Giornalisti terroristi!
Rotture di Zagaglioni. Fu il piccolo e sconosciuto Pizzighettone a tenderci la trappola più amara. Uno a zero all’Euganeo, colpo di testa di tal Jacopo Zagaglioni che ruppe le uova nel paniere, proprio sul più bello. Cestaro se ne uscì con un “va a quel paese” (peraltro una delle più innocenti esternazioni nel colorito campionario del vicentino) dettato più dall’emotività rabbiosa del momento che da reale convinzione anzi, per quanto stravedeva per il mister, già confidava nel rilancio la stagione successiva sempre con Mandorlini in sella.
Fraintendimento fantozziano: colse alla lettera Cestaro e il primo paese a venirgli in mente fu Siena. Arrivederci e tanti saluti.
“Ti amo torrone” Ma i quiproquo mica si fermarono qui: nel suo periodo veronese, durante uno spot con oggetto il celebre dolce natalizio una vocale stravolta e tramutata in “e” diede il via ad una crociata nei suoi confronti senza precedenti. Giornalisti in malafede!
Farsi prendere per il Cutolo. Venerdí sera di inizio Settembre, Verona – Padova, Bentegodi gremito e… col dente avvelenato! Il biancoscudato Aniello Cutolo fu il bersaglio principale, mitragliato di parolacce da 15 mila persone per aver pubblicamente denigrato il torrone e tutti i dolci natalizi, soprattutto il pandoro (ideato proprio lì, nella città scaligera).
Che fece? Segnò, esultò – lo ammettiamo, facendoci godere come pazzi! – e si fece beffe di uno stadio intero, anche e soprattutto di Mister Mandorlini, con un dito alla bocca urlandogli ripetutamente in faccia “stai muto, stai muto, che di dolci di Natale non capisci nulla!”. Il mister venne pure espulso, come dire: oltre alla presa per il Cutolo, la beffa.
“Un giorno tornerò, ho un debito”. Se tra il Mister e Cutolo il feeling non tornerà più c’è da dire che quello con il Padova, invece, è resistito nonostante tutti questi malintesi. Mandorlini ha sempre sostenuto che un giorno sarebbe tornato all’ombra del Santo, un po’ per riconoscenza, un po’ per rimorso dopo essersene scappato in Serie A nel 2007.
Nella conferenza stampa di ritorno ha confermato di avere, verso il Padova, un debito da saldare: e tra un malinteso e l’altro, qualcuno giura di aver visto spuntare fuori Penocchio con l’Iban in mano pronto a farsi bonificare!
Bando alle ciance, al diavolo le incomprensioni: eccolo tra noi, una volta ancora, con la voglia – in fondo al cuore – di regalare anche a noi biancoscudati quanto vissuto all’ombra dell’Arena per potersi tatuare, come a Verona la scala per i traguardi raggiunti, anche il simbolo di Padova… No, non uno spritz, ma il biancoscudo!!!